di Giuseppe Longo
E’ lunga consuetudine che la piccola comunità di Dolegna del Collio – 350 residenti appena – si ritrovi ogni anno l’11 novembre per San Martino, tradizionale data di chiusura dell’annata agraria, quindi momento ideale per tracciare un primo bilancio della stagione, e in particolare della vendemmia, vista l’alta vocazione vitivinicola della zona. In poche parole per la “Festa del Ringraziamento”, coronata dalla consegna di due Premi divenuti famosi: il “Falcetto d’Oro” (Coldiretti) e la “Foglia d’Oro” (Comune).
E così avverrà anche quest’anno, ma sotto un velo di tristezza perché il paese ha perso proprio in questi giorni uno dei suoi agricoltori più bravi. Se n’è andato infatti, a 77 anni, Dino Turco, amato padre di Sandra, fino alla scorsa edizione presidente locale Coldiretti e quindi regista del Premio istituito dall’organizzazione delle Tre Spighe, vinto da un improvviso peggioramento delle già difficili condizioni di salute.
Mi piace pensare che abbia voluto resistere per tutto il tempo di questa memorabile vendemmia per dare gli ultimi preziosi consigli ai suoi familiari, e in particolare proprio a Sandra, che avranno il compito di tenere alto il nome di questa bella azienda, fatta crescere passo dopo passo dall’instancabile Dino. Una persona lungimirante e capace, dal punto di vista professionale, buona, discreta e stimata da quello umano. L’ha dimostrato la folla intervenuta ieri pomeriggio, da mezzo Friuli, per dargli l’estremo saluto: la chiesa di Dolegna ovviamente non ce l’ha fatta a contenere tutte le persone – neanche la metà! – durante la messa celebrata da monsignor Paolo Nutarelli, arciprete di Cormons e amministratore della parrocchia di San Giuseppe. Poi moltissimi hanno affrontato, anche a piedi, l’erta che porta al cimitero di Mernico, vegliato dalla vicina chiesetta di Sant’Elena e dai secolari cipressi.
Dino Turco con la figlia Sandra e il genero; sotto, in cantina a provare il vino nuovo.
Ma ecco un ritratto di Dino Turco tracciato con l’aiuto di Claudio Fabbro, che ieri non ha voluto mancare alla cerimonia per dirgli l’ultimo “Mandi”. “La famiglia – racconta – si dedica con passione da tre generazioni alla produzione di pregiati vini: il nonno Giuseppe insediatosi nella località di Mernico nel 1940, intuendo che questa terra era (ed è) generosa di sapori, dopo aver acquisito il vecchio casolare, avviò – con la moglie Gisella – l’attività agricola basata sulla coltivazione dei cereali, frutta e vite. Il figlio Dino, affiancato dalla moglie Elda, ne ha acquisito l’esperienza; è dall’inizio degli anni 70 che la loro passione per la viticoltura li ha portati a dedicarsi completamente alla vite ed ai suoi prodotti. Ora l’azienda nel segno di un armonioso e continuo ricambio generazionale, è condotta dalla figlia Sandra, enotecnica, che, tenendo conto della tradizione, si impegna per valorizzare e fare ritrovare nel bicchiere di vino la cura che la famiglia dedica al vigneto”.
Ed ecco quanto è riuscito a mettere insieme il compianto Dino. “I vigneti – riprende il dottor Fabbro – si estendono su circa 10 ettari di terreno di origine alluvionale; gli impianti fitti (circa 4 mila ceppi per ettaro) sono impostati per ottenere rese limitate, nel pieno rispetto di quanto previsto dal disciplinare di produzione Doc Collio. Sono distribuiti su un’area pianeggiante ad un’altitudine media di circa 100 metri sul livello del mare tutti a circondare la casa della famiglia con annessa cantina. La loro ottimale giacitura da nord verso sud assicura la perfetta esposizione per ottenere la migliore maturazione delle uve che vengono raccolte esclusivamente a mano”. E ancora: “La cantina e le tecniche utilizzate, sono di semplice concezione, adottate per rispettare, preservare e valorizzare le caratteristiche dell’uva che si trasforma in modo naturale in un vino ricco di colore, profumi e sapori. Attualmente vengono prodotte circa 25 mila bottiglie tra bianchi, rossi e lo spumante ottenuto con le uve di Ribolla gialla. Inoltre, la cantina è visitata giornalmente dai clienti provenienti da diverse regioni italiane e pure dall’Austria”.
“L’azienda – conclude Claudio Fabbro – si trova nella parte più settentrionale del Comune di Dolegna del Collio, in località Perilla. All’uscita della stretta valle in cui scorre il fiume Judrio, si apre una zona pianeggiante, un’oasi di pace dove è resa possibile la coltivazione della vite. Qui sorgono i vigneti che abbracciano la sede aziendale con annesse abitazione e cantina. Perilla è l’antico nome tradotto in italiano dallo sloveno Perilo, il luogo lungo il corso d’acqua dove un tempo si potevano lavare i panni”.
Questo era dunque Dino Turco, certamente uno dei tanti bravi – anzi bravissimi! – vitivinicoltori del nostro Friuli, ma per il quale queste parole sono appropriate e meritate, se non altro perché ha chiuso la sua laboriosa esistenza alla vigilia di quel San Martino in cui tradizionalmente Dolegna si ritrova per fare festa. E lo farà anche stavolta, con un pensiero però rivolto proprio a lui.
Vigneti e colle di Sant’Elena, a Mernico, dove da ieri riposa Dino Turco.
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In copertina, Dino Turco con la famiglia in tempo di vendemmia. (Foto dell’archivio Claudio Fabbro)
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